Phumetti – Manga e Mangaka

È sbagliato il Giappone o esso è solo metafora del mondo, come la Sicilia appariva agli occhi di Sciascia? È la terra del Bushido, dovere fino all’estremo sacrificio che comporta il totale annullamento del proprio essere, e questo sostrato culturale viene lì innestato nel j-capitalismo, un carroarmato tritatutto da 14 h di lavoro e vite familiari in vacca; è il luogo in cui anche la mafia si legalizza, più o meno, trasformandosi in lobby riconosciuta, il clan Yakuza.
C’è da stupirsi se i giapponesi guardino alla nostra presunta Dolce Vita come modello di vita rilassata ed epicurea? Di fronte a i loro occhi, il tempo lento e il cibo buono di certa provincia rilassata paiono i Campi Elisi, mentre, ironia della sorte, più di un italiano non sopporta l’Italia e vorrebbe andare in Giappone, a fare il mangaka e i big money.

Si fa presto a dire mangaka: molti manga divengono meta-fumetti che entrano nell’officina chapliniana del fumettist, e non a caso il migliore è scritto dagli autori di uno dei più freddi e paranoici mai usciti, il mitico Death Note; nel loro Bakuman, Oba e Obata, lo zio del protagonista muore di stenti e depressione, in fama di suicidio, sfinito dai tentativi falliti di serializzare i suoi manga. Serializzare, dice al nipote che vuole seguire le sue orme, è una lotteria, dato che è una sorta di gioco d’azzardo dove gli autori si giocano tutto, settimana dopo settimana, legato agli indici di gradimenti che decideranno se il tuo fumetto continuerà o meno ad avere spazio sulla rivista. Aggiungici le scadenze, le spese, i guadagni all’inizio poco esaltanti e ottieni così un mix esplosivo, uno dei lavori più usuranti possibili, dove solo la passione pura può sorreggere le te stanche ossa.
Solo in pochi fanno i milioni, grazie anche alle trasposizioni anime e live-action, mentre una massa di aspiranti fumettisti vivacchiano come assistenti o mollano tutto e si trovano un lavoro vero: Doc Manhattan (qui la sua pagina) narrava in una live su Twitch che un tassista a Tokio gli aveva rivelato di essere lo sceneggiatore di Cyber Blue, un manga uscito anche da noi e disegnato nientepopodimeno che da Tetsuo Hara, quello di Ken il Guerriero, mica cotiche.

Eppure… eppure il fumettismo è uno dei pochi arcipelaghi del sogno rimasti. In tempi di AI che ti disegnano pure l’anima, tanti ragazzi ancora vogliono esercitare l’arbitrio, confrontarsi col mercato, fare arte seriale, e i manga registrano fedelmente quest spinta ideale, che, insieme alla fioritura dei ciliegi, rende così affascinante quel lontano paese, tanto bello quanto terribile proprio come il nostro. Segnaliamo qualche nuova opera ancora inedita: quando sarà possibile vederle qui, sostenete gli autori, perché meritano l’acquisto e non lo scrocco.

Kakunaru Ue wa – Kyuu Takahata/Yuuji Kaba

Lei è quasi una pro, lui un volenteroso rookie, lei bellissima, lui manco un tipo, eppure scoccherà qualcosa fra i due che trascenderà ogni differenza fra la gal e l’otaku (ne parlammo qui), sboccerà l’amore, un possibile triangolo, il tutto fra i ritmi ossessivi della scuola e della consegna dei manoscritti, dei lavori da assistenti part time e qualche piccola carrambata che non guasta.
I primi capitoli sono davvero divertenti, anche grazie all’esuberanza di Nina, davvero trascinante, e promettevano molto bene, mentre gli ultimi virano forse troppo sulla lacrima facile. Fossi un editore, lo pubblicherei domani stesso: per ora accontentiamoci di una manciata di storie (un LINK qui).

Hakushi no Ue de Sayounara – Financier Amai

Invece a volte è il successo immediato a rovinare tutto: ricevere un premio da esordiente fa nascere aspettative esagerate, rompe rapporti familiari generando invidie. La vita di Megumi è rovinata da una falsa partenza e da un rapporto amoroso che non decolla, anzi, crolal all’improvviso senza un vero perché. Ma che succede se diventi l’assistente di un famoso mangaka, divenuto tale perche ispirato tanti anni prima dal tuo fumetto?
Quest’opera è un prometentissimo shoujo-manga, focalizzato dal punto di vista di Megumi e pieno degli stilemi grafici e narrativi dei manga per ragazze, ma assolutamente godibile nei suoi silenzi e nei ritratti pieni di sentimenti repressi e mai risolti, tipici di molte narraioni nipponiche. Peccato che si trovino solo sei capitoli (Link Qui!). Mannaggia!

Una bella tavola da “Kakunaru Ue wa“: dedizione, amore per l’arte, ma sempre poco tempo per consegnare il manoscritto!

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