Compiti a casa: “Cos’è la Provincia”. Scrive il Fra

piccola città babba

Provincia è in sostanza essere accompagnati dal senso di un Altrove dove trovare una immensa felicità, ma filosofi e poeti mi hanno sempre esortato a “mutare animum, non caelum e a vivere questo Altrove come un pericoloso Chtulu che si annida nelle pareti e ti vuole togliere qualcosa, col risultato che penso ogni volta che il Centro sono io e la Provincia sono gli altri.
Per scappare da essa sono andato a vivere in una città provinciale, così da guardare la prima dalla finestra della seconda e sentirne appena le onde, senza venire inghiottito nel gorgo delle Metropoli che tutto sono, e nulla; l’ho data in permuta come i fustini del Dixan dello spot storico, presumo di averla odiata forse, ma non è così: è che ogni amore ha bisogno di una pausa, e credo che la mia sarà abbastanza lunga.

piccola città in saldo

Un amico del Paese mi imbatte e già ho scritto nella mia mente la lettera che detterò al Mac (oggetto globalista per finti provinciali?) per dirgli (all’amico, non al Mac) che manderò il regalo di matrimonio, ma non starò tutto il giorno a parlare con paesani che ormai non conosco più, di cui non condivido la grammatica, né la morfologia: quei silenzi che ricordavo al mio borgo sono stati sostituiti da casse di musica gomorroide e quei luoghi esistono ma non esistono più. Da cosa sono scappato? dal vedere mutato antropologicamente e nei materiali ormai plastici ciò che fu, ora formaldeide.

Per recuperarli un poco e vincere i residui sensi di colpa, prendo il quaderno dei temi del mio mini-me a 13 anni e trascrivo il tema: “Il Mio Paese”: lo lessi in classe, professoressa contentissima, compagni che mi guardavano abbastanza perplessi, perché con Canale 5 già sognavano New York. Apro il QuadernoLinus del 1985.

Iago
(non c’entra niente,
ma ci sta sempre bene)

“Ad occhi chiusi, nella notte più profonda, se per miracolo venissi trasportato in Corsica, la riconoscerei dal suo profumo…”: Così da giovane, in un momento di nostalgia, scrisse Napoleone Bonaparte. Mai ho letto qualcosa che sapesse esprimere tanto intensamente il dolore per la lontana patria; anche a me preme il sentimento per i miei luoghi nativi, quindi se vi sembrerò troppo esagerato apertamente di parte, vogliate scusarmi.

Non è un gran paese come popolazione il mio borgo; Presenta molti aspetti che mi affascinano di cui non saprei fare a meno: la placidità delle viuzze con l’immancabile nonnetta che fa la calza, il chiarore dell’alba e del tramonto che si stagliano sul grande olivo, la familiarità della gente e l’amore che questa del proprio paese, il silenzio placido della sera, lontano dal traffico, che si snoda principalmente in un’unica lunga via che taglia il paese nella sua integrità, la placidità dei borghi e la campagna che si può raggiungere in un momento. (…)

Il proprio paese, secondo me, non si può descrivere con gli occhi ma con il proprio cuore.di sera, nella placida calma del mio borgo, esco a pensare: Sbaglio facendo ciò, perché non posso concentrarmi su qualcosa, visto che mi ritrovo a pensare al mio paese, con la mente che vaga nell’aria.

A chi sia rimasto scontento di questo tema Posso solo riuscire a scusarmi per l’eccessiva liricità, ma quando il cuore parla è meglio starlo ad ascoltare.”

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