Raffica di Maggio ’24 ovvero SA-RC

By WM

L’ articolo che segue sarà monocromatico per venire incontro alle vostre tendenze politiche.

L’avvicinamento e l’allontanamento a/dall’heimat avviene attraverso boschi secchi e autostrade piene di calabresi a 180 che superano la mia Twingo, mentre maledicono il mondo e me medesimo in modo assai colorito. Dai finestrini entra un’aria di primavera pasquale che invita a una gioia senza freni e al canto: quando mai puoi cantare altrimenti? Allora via a squarciagola con ” voglio andare ad algherooooo, un’estate al mareeee, hello darkness my old frieeeeeeend” e altri i cantabili senza alcuna vergogna.

Poi penso che il mega direttore si incazza ché non scrivo nulla e il blog langue, e mi ricordo dei CD che ho portato con me.

RosGos, No Place (2024)

Immaginiamo che “La Cura” di Battiato sia stata scritta da chi la Cura l’ha ricevuta o subita; mi sono sempre chiesto che ne pensava l’ “essere speciale” di tutte quelle soverchianti attenzioni, che quasi mi veniva da dirgli di chiedere asilo politico in Lussemburgo sottraendosi all’amore che ti ingloba come Pac-man la pallina. Per fortuna, a questo mondo esistono cuori bravi e selvaggi che accettano l’amore e lo rielaborano in mille forme, compresa la forma-canzone rock in cui RosGos (Maurizio Vaiani) è maestro, e”My Cure” scalda anche i cuori cinici.

Il nuovo disco commuove perché è un disco, la necessità di strutturare un discorso intenso con il proprio sé da parte dell’artista, in uno scavo dell’inconscio che non lascia scampo, ma che, dopo la selva oscura di “Lost in the desert” e la discesa nel cerchio primaio di “Circles”, prosegue nella metafora dantesca, quasi che la natural burella conduca il poeta per lo suo forame e gli faccia intravedere un cielo prima vietato, ora velato di new wave e suggestioni post-rock e tomyorkiane, che rappresentano un nuovo stadio di consapevolezza musicale. Ci vuole già coraggio a fare un disco di questi tempi (ah, signora mia!), figurarsi un disco simile, qui di lodi lodi lodi a RosGos, che ha dato vita e forma a sentimenti sconosciuti, piantando semi di note e graffi vocali.

FB: https://www.facebook.com/RosGosMusic

Ushuaia & The Wanderlust Orchestra, “End of the World” (2023)

EotW è un disco ambiziosissimo, monumentale, che farebbe tremar le vene e i polsi a più di un artista: inglobare in una “geo-music” (definizione del polistrumentista Ushuaia) le influenze di centinaia di luoghi visitati nomadicamente, per coglierne fili, allusioni e suggestioni dalle radici profonde, da assorbire e fare proprie, per una restituzione sincera ed entusiasta.

Il disco si dirige subito verso il Sud America, verso la terra del fuoco e la Patagonia, che apre la prima parte del disco (“Far From Any Roads”) che documenta tutte le voci e i suoni raccolti dall’Argentina all’Alaska (splendido, ad esempio, il samba(?) Pedra Do Sal, a cui segue una sorta di ballata old times Eighteen Sycamores, che si sposta dai tropici ai canyon); la seconda parte (“Concrete Jungles”), che si addentra nella musica urbana e concreta, dall’RnB (Midnight At Railway Crossing, notevole) all’Hip Hop più radicale (Somewhere In Lapa) e al Jazz (There’s A Sawmill In Bywater).

Disco di non facile ascolto, labirinto trapunto di cedri ove si va a passo di danza che pare mille dischi diversi, andando in tutte le direzioni della rosa dei venti; lo trovate anche in versione puramente strumentale volendo. Se volete perdervi è perfetto.

FB: https://www.facebook.com/ushuaiawanderlust

Rebis – “Acqua remota” (2023)

È math? No. È HC? Nì. “Acque Profonde” raccoglie rabbia e chitarre, mischia le carte e confonde con la sua energia (“Midollo”) con un filo di screamo che ho imparato ad apprezzare col tempo (vengo dal progressive, abbiate pazienza… ci vuole tempo). I Rebis fanno una musica fisica, che non disdegna di analizzare anche nei testi la fisiologia dell’amore e dell’odio, facendo un ritratto rock del turbamento esistenziale contemporaneo con un linguaggio che io sento ancora molto vivo, ma che mi piacerebbe tagliasse le orecchie adolescenti ammazzate di trap.

Un album breve, dritto e in presa diretta, che ci restituisce quelli che sono i suoni vivi della loro musica. Tracce preferite? La quasi lirica “Etoile” e la mononota “Pianeta”, figlie della rabbia e del sogno.

E bravi. Me li segno.

FB: https://www.facebook.com/rebisband

Lascia un commento