Crazy Diamonds: Genesis, “Dusk” (1970)

Un’altra canzone da “Trespass” (1970), secondo disco dei Genesis, giovanissimi, imberbi geni delle atmosfere surreali e sognanti, che avevano riempito i quaderni del liceo di poemetti decadenti e tardoromantici e poi li riversarono in liriche densissime e metaforiche. Il punk è ancora lontano e in Inghilterra fiorisce questa aristocrazia dello spirito che troverà in proprio Italia la sua consacrazione in un tour del ’71.
Provo a tradurre “Dusk”, un testo semplice e crepuscolare, un narratore che si rivolge a qualcuno per ammonire e suggerire l’amore verso il proprio destino segnato, accompagnato sempre dalla bellezza delle cose, che restano indifferenti al destino degli esseri finiti. Splendido florilegio di correlativi oggettivi che sprigionano il sentimento della vita e della fine.

Genesis, “Dusk” (1970)

Guarda la mia mano muoversi
e toccare tutto ciò che è vero:
un tempo accarezzava il corpo del suo amore
ora lacera il passato.

Il profumo di un fiore
il colore del mattino
amici in cui credere
lacrime subito dimenticate:
guarda come la pioggia si porta via un altro giorno.

Se cade una foglia,
forse l’albero giacerà a terra spezzato?
Se attigiamo dell’acqua,
forse il pozzo si disseccherà?

Il pianto di una madre,
le grida degli amanti
come due due tigri infuriate
si lacerano a vicenda
Guarda come scompaiono le lacrime di una vita intera…

Un tempo Gesù ha sofferto
e il cielo non poteva scorgerlo,
ora la mia nave affonda
il capitano resta solo.

Una pedina sulla scacchiera,
una mossa falsa di dio ora mi distruggerà
ma aspetta,
all’orizzonte una nuova alba pare stia nascendo
ma non per ricordarsi
di questo pellegrino nato per morire.

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